La pandemia globale del nuovo coronavirus SARS-CoV-2 è la prima che si sviluppa nella fase del surveillance capitalism, in cui il valore non si estrae più dalle risorse naturali ma dalle soggettività umane. Dopo aver spoliato il pianeta, provocando la crisi del cambiamento climatico che a sua volta ha accelerato la diffusione di virus, il capitalismo si è rivolto all’essere umano, al’estrazione e al controllo dei nostri dati personali: parole, pensieri, bisogni e desideri.
Prologo [Zanzibar, novembre 2007]
La pandemia che da anni devasta il paese ha raggiunto livelli insostenibili. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha concluso che il 95,7% degli oltre 37 milioni di abitanti della Tanzania è a rischio infezione di malaria: una malattia terribile, che causa febbre, morte e disabilità permanenti.
Gli ospedali sono al collasso, pieni di persone che sono state aggredite dal parassita. I costi sociali ed economici della malattia sono altissimi. La stessa OMS ha certificato che durante l’anno nell’Africa sub-sahariana i contagiati siano stati oltre 400 milioni, i morti più 1 milione. Se il focolaio della Tanzania si diffondesse nel resto del continente l’ecatombe si tramuterebbe in apocalisse.
Bisogna impedire il contagio. L’Organizzazione Mondiale della Sanità si rivolge alla compagnia telefonica britannica Vodafone, che gestisce le cellule telefoniche del paese africano, e ottiene tutti i dati di geolocalizzazione di ogni singolo telefono. In collaborazione con il governo locale e con un gruppo di ricercatori dell’Università di Southampton, l’OMS mette quindi in piedi un programma di monitoraggio e di sorveglianza di massa di un intero paese, controllando tutti gli spostamenti della popolazione e creando blocchi nelle zone in cui si presume l’epidemia sia più diffusa, per impedire alla gente di spostarsi.
Da allora, gli accordi tra stati e multinazionali per la profilazione telefonica e il controllo degli spostamenti degli individui nei paesi africani con la scusa dell’emergenza sanitaria – vedi Ebola – sono diventati prassi.
Crypto [La tesi del controllo]
«Il colpo del secolo dello spionaggio» titola il «Washington Post» in un lungo articolo in cui racconta come la Cia – insieme al Bnd, i servizi segreti dell’allora Germania Ovest – sia riuscita a vendere ai governi di mezzo mondo macchine cifranti di cui deteneva i codici di accesso e di lettura. Ma non è finita qui. In ossequio all’etica protestante e allo spirito del capitalismo, per cui libertà e felicità si ottengono lavorando e anche guadagnandoci sopra qualcosa, la Cia dalla vendita di queste macchine riesce anche a intascarsi dei bei soldi.
Tutto comincia quando i servizi americani convincono Boris Hagelin, ingegnere svedese che aveva aperto in Svizzera un’azienda di produzione di macchine crittografiche, a entrare in società con loro. È appena finita la Guerra. Il mito di Enigma, l’infernale dispositivo cifrato nazista che solo Alan Turing riuscì a violare, è il Sacro Graal verso cui si rivolgono gli sforzi di tutte le potenze mondiali. È l’alba della rivoluzione tecnologica.
Alla fine degli anni Cinquanta il Pentagono fonda l’Advanced Research Projects Agency (ARPA). Reclutando il meglio degli scienziati informatici dell’epoca, riesce a far comunicare tra loro una serie di terminali posizionati in università, agenzie governative e militari in territorio statunitense. Il network viene battezzato Arpanet. È l’alba di internet.
Nello stesso periodo, alcuni dei medesimi personaggi fondano la Simulmatics Corporation. Una società privata, sovvenzionata dai servizi americani, che raccoglie dati, li cataloga, li analizza secondo i parametri psicometrici del modello simulmatics e si dedica alla manipolazione delle menti in funzione politica, militare e strategica. È l’alba del capitalismo della sorveglianza.
Sempre negli Stati Uniti, sempre secondo dopoguerra. La Cia e la Nsa, ora che i dispositivi elettronici hanno sostituito i vecchi congegni meccanici, mettono le loro risorse e le loro competenze al servizio dell’azienda svizzera di cui sopra, la Crypto AG. Nasce il modello H-460. Un modello speciale. Ha infatti al suo interno un glitch, un problema, un errore, un trucco che permette solo a chi ha prodotto la macchina di leggere facilmente le comunicazioni cifrate.
Come scrive Carola Frediani su Valigia Blu:
I codici usati per cifrare una comunicazione, sono stati manipolati in modo da rendere veloce e semplice il lavoro successivo di crittoanalisi, ovvero la forzatura di quegli stessi codici da parte di soggetti terzi (in questo caso americani e tedeschi), con l’obiettivo di romperli e riportare i dati cifrati in chiaro. In pratica un lavoro che poteva richiedere mesi o molto più tempo viene ridotto a volte a pochi secondi.
Con una campagna pubblicitaria sapientemente orchestrata dietro le quinte dalla Cia, Crypto AG vende le sue macchine a governi, eserciti e servizi segreti di mezzo mondo. Oltre agli alleati, tra i suoi clienti ci sono Iran, India, Libia, Pakistan, Arabia Saudita, le giunte militari dell’America Latina, addirittura il Vaticano. Restano fuori solo Unione Sovietica e Cina. Forse hanno mangiato la foglia.
La quasi totalità dei messaggi cifrati scritti da paesi amici o da stati canaglia è decifrata in tempo reale dagli americani e dai tedeschi. Gli stessi americani che hanno in pratica inventato internet come strumento militare e di controllo, ora hanno accesso privilegiato a una mole di dati fino a quel momento inimmaginabile. È il panottico definitivo. È la fine della libertà.
Intermezzo [Roma, aprile 2020]
La pandemia globale a seguito della diffusione del nuovo coronavirus SARS-CoV-2 è la prima che si sviluppa nella fase del capitalismo della sorveglianza, dove il plusvalore non si estrae più dalle risorse naturali ma dalle soggettività umane.
Dopo avere spoliato il pianeta, provocando la crisi del cambiamento climatico che a sua volta ha accelerato la diffusione di virus potenzialmente mortali, il tardo capitalismo si è rivolto all’essere umano, ora estrae i dati personali: movimenti, parole, pensieri, bisogni, desideri. Le Big Tech questi dati li immagazzinano, catalogano, commerciano, utilizzano per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, in una nuova catena di produzione di plusvalore comportamentale, come lo definisce Soshana Zuboff.
In tutto il mondo i governi e i singoli stati nazione, in partnership con Google, Facebook, Amazon e altre società private, oltre che in collaborazione con le Università, stanno studiando la possibilità di creare applicazioni che, con il pretesto della pandemia, potranno essere consigliate, suggerite o imposte, dipende dal paese, per tracciare i contagiati. Per raccogliere i loro dati personali. Per dividere i sani dai malati. La privacy è destinata a scomparire, sacrificata sull’altare della mistica della guarigione.
Certo, ogni giorno i nostri dati vengono già spontaneamente offerti da noi stessi agli dei della Silicon Valley. Quando ci spostiamo con le macchine o i taxi che funzionano tramite app, quando spediamo o riceviamo una email, ogni volta che facciamo log in per ascoltare la musica o guardare un film, o sui social partecipiamo al divertentissimo giochino “che verdura sei?”. Ma adesso, si va oltre, molto oltre.
Adesso, sulla scia dell’emergenza sanitaria, si sta offrendo al pubblico e al privato la legittimità del controllo totale. Si sta rinunciando – per sempre – al concetto di privacy come tutela, collettiva e non individuale. Si sta abdicando all’invasività pervasiva del Leviatiano del potere politico ed economico, in nome di una non meglio specificata fase emergenziale, da cui non sembra scorgersi ritorno.
Ma come si interroga il collettivo Ippolita nel suo libro Anime Elettriche: perché mai dovremmo ritenere che la prevenzione sanitaria possa essere garantita da un’applicazione su un telefono cellulare?
È una mera illusione il fatto che attraverso il racconto di sé – la cessione dei propri dati personali sotto forma di diario intimo – la tecnologia possa prendersi cura di noi. Quando la nostra salute è in pericolo abbiamo bisogno di medicine, vaccini, ospedali, personale medico, medici di base, prevenzione, mascherine, tamponi, posti in terapia intensiva. Non di un assistente vocale pronto a rivelarsi un agente Smith del presente.